

Nel mondo del poker ci sono mani buone, mani sfortunate… e poi c’è la mano di Doyle Brunson: 10♦ 2♠.
Una combinazione apparentemente debole, che però ha fatto la storia. Non una, ma due volte di fila, in due anni consecutivi, regalando a Doyle Brunson — già icona del poker texano — la vittoria del Main Event delle World Series of Poker nel 1976 e nel 1977.
Da allora, quella mano è diventata leggenda. E nel linguaggio del poker moderno, “il Doyle” non è solo un uomo: è una mano che rappresenta l’imprevedibilità, il coraggio e il destino.
Ma cosa è successo esattamente in quelle due mani che hanno scolpito nella mitologia questo colpo incredibile?
WSOP 1976: il primo miracolo del 10-2
È il 1976. Le World Series of Poker sono ancora un evento intimo rispetto allo spettacolo di oggi. Pochi giocatori, ma tutti veri “road gamblers”: professionisti duri, provenienti dalle poker room fumose del Texas e del Nevada.
Doyle Brunson arriva al tavolo finale in forma strepitosa. In heads-up contro Jesse Alto, si ritrova con 10-2 in mano.
Una mano da fold istantaneo per molti. Ma Brunson, leggendo la situazione e l’avversario, decide di restare nel colpo.
Il flop? F Q 10 — qualcosa si muove.
Jesse va forte. Doyle lo segue. Sul turn e river arrivano due 2 consecutivi, dandogli una doppia coppia miracolosa: dieci e due. Jesse Alto mette tutte le fiches nel piatto, sicuro di essere avanti.
Brunson chiama. Vince. E con un sorriso che diventerà il suo marchio di fabbrica, si mette al dito il primo braccialetto del Main Event.
WSOP 1977: il fulmine colpisce due volte
Un anno dopo, nel 1977, Doyle è di nuovo in corsa per il titolo. E ancora una volta, in heads-up contro Gary “Bones” Berland, riceve una starting hand apparentemente inutile: 10-2.
Sembrava impossibile che la storia si potesse ripetere. E invece.
Flop: 10 – 8 – 5
Berland ha due overcard, ma Doyle ha già una top pair. Si continua a giocare.
Turn: 2 — doppia coppia.
River: nulla che cambi la situazione.
Doyle va all-in, Berland chiama. E ancora una volta, 10-2 diventa mano vincente del Main Event.
Incredulo il pubblico. Increduli i giocatori. Ma non Doyle. Lui l’aveva sentita, di nuovo.
La mano “Doyle Brunson”: mito, matematica e destino
Dal 1977 in poi, 10-2 non è più solo una mano marginale. È un simbolo. Nei tornei live, ogni volta che un giocatore rilancia con 10-2, si sente l’eco del mito: “It’s the Doyle.”
Ma come ha fatto una mano così debole a vincere due Main Event consecutivi?
La risposta è triplice:
Contesto: erano altri tempi, con più spazio alla lettura e meno alla matematica pura.
Coraggio: Doyle non giocava le carte. Giocava l’avversario.
Destino: in ogni leggenda c’è sempre una parte che sfugge alla logica.