Poker e filosofia: Kierkegaard avrebbe foldato?

Cosa c’entra un filosofo danese dell’Ottocento con una 3-bet fuori posizione?
Apparentemente nulla. Eppure, quando sei lì, carte in mano, chip in bilico, e il tuo avversario va all-in su un board che sembra gridare “trappola”… la vera domanda non è “che carte ha”, ma chi sei tu?

Kierkegaard parlava di angoscia come condizione esistenziale: quel vuoto di fronte alla possibilità, quel salto nel buio che non si può razionalizzare. E allora viene da chiedersi: in un torneo da 10K, con un bluff da 3 strade e la pressione alle stelle… Kierkegaard avrebbe chiamato o foldato?

Questo non è un articolo di strategia. È un viaggio nell’anima del gioco.

L’angoscia esistenziale del turn: filosofia del “potrei ma non so”

Secondo Kierkegaard, l’angoscia nasce quando l’uomo si trova di fronte alla libertà assoluta: “L’angoscia è la vertigine della libertà.”
E cosa c’è di più libero — e quindi ansiogeno — che decidere se chiamare un all-in con seconda coppia su river?

Nel poker come nella vita, le decisioni migliori non sono dettate dalla certezza, ma dalla gestione dell’incertezza. Kierkegaard non ci avrebbe detto “folda asso-donna offsuit da UTG”, ma ti avrebbe guardato negli occhi e ti avrebbe chiesto:
“Questa scelta riflette chi vuoi essere?”

Il punto non è vincere o perdere. Il punto è assumersi la responsabilità della scelta, anche se sbagliata. Ecco perché foldare, a volte, è un atto di coraggio esistenziale.

Il bluff come atto di fede: salta, e poi costruisci il ponte

Per il filosofo danese, la fede non è credere in qualcosa di evidente, ma saltare nel vuoto senza garanzie. Il bluff, nella sua forma più pura, è proprio questo: un salto nel vuoto contro la logica statistica, un’affermazione dell’identità al di là dell’atteso.

Quando un giocatore decide di bluffare su tre strade contro un avversario competente, sta dicendo:

“So che potrei essere chiamato. Ma io decido di rappresentare questa storia. È il mio ponte tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.”

E Kierkegaard?
Non avrebbe bluffato spesso. Ma quando lo faceva, era per affermare l’autenticità del sé, non per exploit.

Poker e autenticità: foldare il ruolo, giocare sé stessi

Il grande dramma del poker, come della vita, è il rischio di giocare un ruolo. Di diventare ciò che “si dovrebbe essere” per compiacere la tabella, il coach, il solver. Kierkegaard parlava di vita estetica (vivere per impressionare) e vita etica (vivere in coerenza con sé).

Nel poker, questo si traduce così:

  • Il giocatore “estetico” segue il GTO per paura di sbagliare.

  • Il giocatore “etico” conosce il GTO, ma si prende la responsabilità di deviare, quando sente che è giusto farlo.

In fondo, ogni grande campione — da Phil Ivey a Doyle Brunson — ha sempre saputo quando piegare la teoria per ascoltare il proprio istinto ragionato. Kierkegaard li avrebbe ammirati: non per i soldi vinti, ma per l’autenticità con cui hanno affrontato il tavolo come fosse la vita stessa.

4,5 rating
+ 500€ BONUS sul primo deposito
+ 8€ GRATIS in ticket tornei senza obbligo di deposito
4,3 rating
+ 100€ BONUS sul primo deposito
+ 30 TICKET freeroll da 1000€
+ 40€ TICKET tornei
3,8 rating
Bonus di benvenuto fino a 500€
15€ in tickets per tornei SPIN
4,0 rating
Bonus di benvenuto fino a 600€ sul primo deposito
€9000 di freeroll ai nuovi giocatori
AssoDelPoker
AssoDelPoker è un sito indipendente di informazioni sul poker online, non affiliato a nessuna sala in particolare. Copyright © 2006/2021 – Tutti i diritti riservati. Vi invitiamo a prendere visione del nostro - Powered by Topwebsite.it